lunedì 30 aprile 2012

Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza

Art.1 Tutte le persone di età inferiore ai diciotto anni godono dei seguenti diritti.
Art.2 Hai diritto a essere protetto/a contro ogni discriminazione. Questo significa che nessuno può trattarti diversamente dagli altri per il colore della pelle, nazionalità, sesso, religione, lingua o perché sei disabile, ricco/a o povero/a.
Art.3 Il tuo superiore interesse deve guidare gli adulti nelle decisioni che ti riguardano.
Art.4 Hai diritto a vedere realizzati i tuoi diritti da parte delle Istituzioni pubbliche (Parlamento, Governo, Scuola ecc).
Art.5 Hai diritto a essere aiutato/a e consigliato/a dai tuoi genitori e dalla tua famiglia.
Art.6 Hai diritto alla vita.
Art.7 Hai diritto ad avere un nome e una nazionalità.
Art.8 Hai diritto ad avere una tua identità.
Art.9 Hai diritto a vivere con i tuoi genitori, a meno che questo non risulti dannoso per la tua crescita.
Art.10 Se vivi in un Paese diverso da quello dei tuoi genitori, hai diritto al ricongiungimento con loro e a vivere nello stesso luogo.
Art.11 Hai diritto a essere protetto/a per evitare che tu venga allontanato/a dalla tua famiglia e trasferito/a illegalmente all’estero.
Art.12 Hai diritto a esprimere la tua opinione su tutte le questioni che ti riguardano. La tua opinione deve essere ascoltata e presa in seria considerazione.
Art.13 Hai diritto ad essere informato/a e ad esprimerti liberamente nel modo che ti è più congeniale (verbalmente, per iscritto ecc), sempre nel rispetto dei diritti degli altri.
Art.14 Hai diritto ad avere le tue idee e a professare la religione che preferisci sotto la guida dei tuoi genitori.
Art.15 Hai diritto a riunirti con i tuoi amici, a partecipare o a fondare associazioni, sempre nel rispetto dei diritti degli altri.
Art.16 Hai diritto ad avere una tua vita privata, anche all’interno della tua famiglia, compreso il diritto ad avere una tua corrispondenza privata.
Art.17 Hai diritto a ricevere informazioni provenienti da tutto il mondo, attraverso i media (radio, giornali, televisione) e ad essere protetto/a da materiali e informazioni dannosi.
Art.18 Hai diritto ad essere cresciuto/a ed educato/a dai tuoi genitori, nel rispetto del tuo superiore interesse.
Art.19 Hai diritto ad essere protetto/a da ogni forma di maltrattamento, abuso o sfruttamento da parte di chiunque.
Art.20 Hai diritto ad avere protezione e assistenza speciali se non puoi vivere con i tuoi genitori.
Art.21 La decisione di una tua adozione deve essere presa nel tuo superiore interesse.
Art.22 Hai diritto a protezione speciale e assistenza nel caso in cui tu sia un rifugiato/a (ad esempio se provieni da un Paese in guerra).
Art.23 Se sei disabile, mentalmente o fisicamente, hai diritto ad avere un’assistenza speciale, al fine di renderti autonomo/a e di partecipare pienamente alla vita sociale.
Art.24 Hai diritto alla salute, all’assistenza medica e a ricevere tutte le informazioni necessarie per garantire tale diritto.
Art.25 Hai diritto ad un controllo regolare delle terapie e delle condizioni in cui vivi, qualora tu venga affidato/a a centri di cura o assistenza.
Art.26 Hai diritto ad un sostegno speciale da parte dello Stato se sei in condizioni economiche o sociali disagiate.
Art.27 Hai diritto ad un livello di vita adeguato. Ciò significa che i tuoi genitori, o in mancanza lo Stato, dovranno garantirti cibo, vestiti e una casa in cui vivere.
Art.28 Hai diritto ad avere un’istruzione/educazione.
Art.29 Hai diritto a una educazione che sviluppi la tua personalità, le tue capacità e il rispetto dei diritti, dei valori, delle culture degli altri popoli e dell’ambiente.
Art.30 Se appartieni a una minoranza etnica, religiosa o linguistica, hai diritto a mantenere la tua cultura, praticare la tua religione e parlare la tua lingua.
Art.31 Hai diritto, al riposo, al tempo libero, a giocare e a partecipare ad attività culturali (ad esempio la musica, il teatro e lo sport).
Art.32 Hai diritto a non svolgere lavori pesanti e pericolosi per la tua salute o che ti impediscono di andare a scuola.
Art.33 Hai diritto a essere protetto/a dall’uso e dal traffico di droghe.
Art.34 Hai diritto a essere protetto/a da ogni tipo di sfruttamento e abuso sessuale.
Art.35 Hai diritto ad essere protetto/a per impedire che tu sia rapito/a o venduto/a.
Art.36 Hai diritto a essere protetto/a da ogni forma di sfruttamento.
Art.37 Hai diritto a non subire torture o punizioni crudeli. Se hai commesso un reato non puoi essere condannato alla pena di morte o alla detenzione a vita.
Art.38 Hai diritto a essere protetto/a in caso di guerra e, nel caso in cui tu abbia meno di quindici anni, non puoi e non devi essere arruolato/a nell’esercito.
Art.39 Hai diritto a cure appropriate e al reinserimento nella società nel caso in cui tu sia stato/a vittima di abbandono, guerra, tortura, o di qualunque forma di sfruttamento o maltrattamento.
Art.40 Hai diritto a essere adeguatamente difeso/a nel caso in cui tu sia accusato/a o abbia commesso un reato.
Art.41 Hai diritto a usufruire delle leggi nazionali ed internazionali che ti garantiscano maggiore protezione rispetto alle norme di questa Convenzione.
Art.42 Hai diritto ad essere informato/a sui diritti previsti da questa Convenzione.
Gli Stati devono far conoscere la Convenzione a tutti gli adulti, i bambini, le bambine, i ragazzi e le ragazze.

Fonte: Save The Children Italia ONLUS



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mercoledì 25 aprile 2012

L'inizio della scuola materna

La frequenza di una scuola dell’infanzia non è più semplicemente un fatto di organizzazione il più possibile piacevole del tempo extrafamiliare dei bimbi. I bambini da tre a sei anni iniziano un vero e proprio percorso formativo, che implica da parte loro un impegno fino a quel momento non richiesto e una presenza più assidua. Con la scuola dell’ infanzia si apre un meraviglioso mondo di incontri, riunioni, confronti, feste, che non riguarda solo il bambino, ma anche e soprattutto i suoi educatori primari, i genitori.
Per chi ha già vissuto il momento del distacco con il nido il problema forse si pone in maniera minore, se non altro perché la mamma è già abituata a lasciare il proprio figlio con un’estranea (o comunque qualcuno che non siano i nonni o la babysitter, ma una struttura con più bambini e più educatrici).
Infatti, il momento del distacco spesso è qualcosa che devono superare per primi i genitori, per rassicurare il bambino ed evitare di trasmettergli la loro ansia.
Nei suoi primi anni di vita il bimbo ha già affrontato dei piccoli distacchi, ad esempio quando ha abbandonato la tetta o il biberon, quando è stato lasciato dai nonni o con la babysitter, o più semplicemente tutte le sere quando si addormenta (per un bambino dormire equivale a chiudere gli occhi sul mondo che gli è familiare, con l’incertezza di ritrovarlo sempre uguale al suo risveglio).
L’asilo rappresenta però il primo vero passo verso l’indipendenza dai genitori, si tratta di inserirsi in un ambiente nuovo, con figure di riferimento nuove e con regole e orari da rispettare. E il modo migliore perché il bambino si inserisca bene in questa nuova routine è prima di tutto quello di trasmettergli la propria fiducia e il proprio entusiasmo. I bambini sono come sonar, captano immediatamente se la mamma è ansiosa o triste e reagiscono di conseguenza spaventandosi: “La mamma non è tranquilla, quindi c’è qualcosa che non va”.
La vostra serenità è la loro serenità; scegliete la scuola materna che si confà maggiormente alle vostre esigenze e lasciate i vostri bambini a godersi questa nuova fase della loro vita.


domenica 22 aprile 2012

I DSA

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento, o DSA, sono condizioni di difficoltà scolastiche che possono essere diagnosticate da un esperto. Si manifestano in diverse categorie e ognuna di esse rende particolarmente difficile al bambino il raggiungimento di alcuni obiettivi scolastici.
I principali DSA sono:
Dislessia, difficoltà a leggere e scrivere, cioè a decifrare i segni grafici.
Disgrafia, grafia quasi illeggibile ed estrema lentezza nello scrivere.
Disortografia, impossibilità di distinguere gli elementi grammaticali più complessi come le consonanti doppie, gli accenti, le desinenze…
Discalculia, importante difficoltà nell’eseguire calcoli matematici senza l’utilizzo della calcolatrice.
Il bambino che presenti uno o più DSA ha diritto, secondo la legge italiana, all’ausilio di strumenti “compensativi e dispensativi”, cioè ha diritto alla messa in atto nei suoi confronti di una serie di facilitazioni da parte della scuola che possono concretizzarsi, per esempio, nella concessione dell’uso della calcolatrice, della scrittura con il computer, dell’uso di programmi specifici per le regole grammaticali.
Il problema principale, che spesso si presenta, è che i bambini vengono considerati “svogliati” o “pigri” o “capricciosi” e si attribuisce ad un cattivo comportamento la difficoltà manifestata. Questo provoca ulteriore fatica per il bambino che si sente incompreso e vessato.
L’intervento di una psicologa può risolvere il problema: con test e colloqui specifici e mirati si possono diagnosticare in tempi brevi (5/6 incontri) i DSA ed elaborare strategie di aiuto.



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mercoledì 18 aprile 2012

I sensi di colpa

Il senso di colpa è un pessimo compagno di viaggio; purtroppo è esperienza comune di ogni genitore conviverci. Il senso di colpa non dà tregua, non lascia riposare, prosciuga le energie, fa sentire inadeguati. Esso è una continua accusa, quasi una condanna.
Ed è un fardello che bisogna abbandonare il prima possibile.
Ciò non vuol dire che sui propri errori non si debba riflettere, perché capacitarsi e metabolizzare ciò che si è fatto è il primo passo per non sbagliare di nuovo. Ma è essenziale pensare che ogni genitore sbaglia, perché nessun bambino nasce con il manuale d’istruzioni; ogni mamma e ogni papà procede per tentativi ed errori, impara dall’esperienza e dalle riflessioni su di essa.
Le riflessioni e i pensieri devono però essere costruttivi e devono permettere di darsi dei nuovi obiettivi, di migliorare, di fare un passo avanti; il fardello del senso di colpa impedisce tutto ciò tenendoci inchiodati a ciò che è stato e non facendoci costruire nuove possibilità.


martedì 10 aprile 2012

Giochiamo nella stessa squadra

Quante volte le discussioni tra partner nascono da un diverso punto di vista sull'educazione dei figli?
E quante volte questo diventa una difficoltà aggiuntiva nel mantenere la coerenza con l'input dato?
La mediazione è una strada senza dubbio in salita, ma è la via che premia. Se i bambini, o i ragazzi, sentono che il parere dei loro genitori è unanime, ne percepiscono sicurezza e contenimento; non hanno margine di strategia che, anche se in prima battuta sembra agevolarli, a lungo andare li danneggia.
Trovare un punto di equilibrio tra opinioni diverse è molto faticoso, soprattutto quando si tratta di decisioni importanti e sentite come quelle che riguardano i propri figli. Ognuno è convinto della propria posizione e sente che nel mantenerla è in gioco il benessere di chi ama.
Ricordiamoci però che le decisioni prese hanno senso e valore solo se portate avanti con coerenza giorno dopo giorno; generano cambiamento solo se sono pensate ed elaborate; aiutano nella crescita solo se sono portate avanti con la serenità di aver fatto un tentativo sentito come possibilità di miglioramento.
Riuscire a scegliere una via comune tra i due genitori garantisce tutto questo, fa sentire i figli sostenuti, li rassicura perchè non li fa sentire adulti prima del tempo.
Provate a cercare una soluzione insieme, ad ogni problema; a volte uno di voi due dovrà cedere per lasciare spazio al tentativo dell'altro, altre volte troverete un compromesso.
Ma statene certi, ne beneficerete tutti.


lunedì 9 aprile 2012

Quando si diventa papà

I nove mesi di gravidanza servono per far nascere un bambino ma servono anche ai genitori, soprattutto ai papà, per capire quale sarà il loro ruolo futuro e prepararsi adeguatamente. In questo percorso di formazione le mamme sono sicuramente avvantaggiate dalla natura che dà loro, fin dai primi momenti dopo il concepimento, forti sensazioni fisiche, unite a piccoli e grandi cambiamenti di stato d’animo che consentono una quasi naturale comprensione di che cosa stia loro succedendo e che cosa saranno chiamate a fare.
I papà invece, dal punto di vista fisico, non "sentono" nulla. Tutto quello che succede lo possono intuire dai cambiamenti della loro partner, lo possono immaginare nella loro mente, lo possono elaborare grazie allo scambio emotivo con la futura mamma.
Il ruolo del papà, quindi, nel primo periodo dopo il concepimento è frutto di una costruzione mentale e può essere la somma dell’appagamento delle aspettative di uomo, della realizzazione di un progetto e di un sogno costruito con la propria partner, della consapevolezza di acquisire uno status sociale di maggiore responsabilità e autorevolezza. Proprio per questa complessità di fattori è possibile che ci siano papà molto lenti ad entrare nello stato d’animo necessario ad accogliere un bimbo.
Proprio come i neonati si devono adattare ai vari aspetti del mondo esterno, in primis ai loro genitori, anche questi ultimi dovranno adattarsi al bambino appena arrivato. Nella maggior parte dei casi, è un momento di grande felicità; ciononostante, molte coppie possono sperimentare stress di vario genere, in modo particolare con il primogenito.
In tutto questo panorama gli uomini diventano padri in un senso biologico, ma non sempre eseguono quegli aggiustamenti psicologici e comportamentali necessari ad assumere pienamente il loro ruolo. L’essere padre comporta una serie di responsabilità diverse da quelle del marito e richiede degli impegni ulteriori. Questo cambiamento ha degli effetti sulle priorità, le scelte e il comportamento nella vita quotidiana. È un processo che richiede del tempo. Essere padre è un ruolo che gli uomini maturano crescendo. La transizione verso la paternità è un momento di grande svolta nella vita di un uomo. Se l’uomo è disposto ad entrare in questo rapporto con i figli, diventa uno dei cambiamenti più grandi nella sua vita e nel suo sviluppo come persona.


sabato 7 aprile 2012

La fatica di dire di no

Una tappa fondamentale nello sviluppo di un bambino è la maturazione della capacità di dire di no: è una prima affermazione di sé ed è essenziale al piccolo per poter cominciare a scegliere i suoi stimoli preferiti.
Allora, se nel nostro sviluppo è così importante quest'acquisizione, perchè noi adulti facciamo così fatica a dire di no ai nostri figli?
Le scenate al supermercato per qualcosa che vogliono comprare, le urla al parco perchè non vogliono andare a casa, i pianti disperati per rimanere alzati a guardare la tv quando è ora di dormire... ci spaventano e ci inibiscono.
A volte pensiamo che pur di farli smettere accetteremmo qualsiasi cosa, altre volte che non ci sembra corretto frustrarli visto che la vita è già abbastanza dura di per sé.
Il nostro modo di reagire alle proteste di un bambino è spesso influenzato dai sentimenti che proviamo quando non possiamo avere quello che vogliamo, o quando dobbiamo affrontare la protesta, l’ira, la delusione o l’insistenza di un’altra persona. La maggior parte dei genitori sopporta a fatica l’insoddisfazione e il pianto del figlio: il pianto li fa soffrire e vogliono intervenire per placarlo, ma spesso non sanno come fare e aspettano che sia il bambino a comunicare loro in qualche modo la soluzione.
È in momenti come questi che i genitori devono prendere le distanze dal figlio, per poter distinguere i propri sentimenti e le proprie sensazioni dai suoi, devono pensare per conto proprio e non cercare la guida del bambino.
La frustrazione utilizzata in modica quantità ha un valore strutturante per il bambino sul piano mentale, il genitore che accontenta in tutto e per tutto il bambino, addirittura prevenendone i desideri e evitando qualsiasi frustrazione, corre il rischio di privarlo di un esperienza fondamentale. Il prevenire sempre i desideri del bambino finisce per essere infatti per lui un’esperienza che gli impedirà due cose: la mentalizzazione di un bisogno insoddisfatto che gli possa creare una certa dose di disagio e, secondariamente, la spinta all’utilizzo delle sue stesse risorse per uscire da questa esperienza di disagio. Sarà invece la scoperta delle sue stesse risorse che lo renderà sempre più sicuro. È evidente che non stiamo parlando del neonato che ha invece la necessità di un accudimento completo e totale, si parla al contrario del bambino che cresce nel tempo sperimentando la sua conoscenza dell’ambiente.


venerdì 6 aprile 2012

Quando una mamma è in attesa...

Chiamare mamma colei che non ha ancora partorito può sembrare una contraddizione di termini; ma avere un bambino in grembo rende già madri.
Ci si sente stanche e forti, preoccupate e invincibili, sole e intimamente unite a qualcuno, impotenti e determinanti. Si, perchè la gravidanza è un percorso caratterizzato dalle contraddizioni, la prima fra tutte è data dall'essere contemporaneamente una e due.
Ma l'incontro, quando il bambino nascerà, sarà in ogni caso con uno sconosciuto: bisogna darsi il tempo di conoscersi a vicenda, di affinare giorno per giorno la comprensione reciproca. Questo può spaventare molto e generare ansie e preoccupazioni, anche eccessive.
I pensieri negativi ci sono e sono normalissimi; certo, ci fanno sentire cattivi e insensibili ma soprattutto incompresi. Questo perchè è così difficile quando tutti ci fanno i complimenti e si immaginano gioie dietro ad ogni angolo poter affermare che spesso è la fatica che fa da padrona e che per la gioia servono energie che non si trovano.
Non reprimete quei pensieri, non nascondeteli così bene da renderli introvabili; condivideteli con qualcuno di cui vi fidate, si ridimensioneranno e faranno meno paura.
Il bambino in grembo esiste già nella mente dei suoi genitori, soprattutto della sua mamma; egli è immaginato e fantasticato, a volte temuto. È importante parlarne con qualcuno, con il partner, con i propri cari, con un'amica: condividere le fatiche e i pensieri negativi permette loro di diventare più gestibili e controllabili.




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