domenica 29 luglio 2012

I fratelli più grandi

È in arrivo un altro bimbo: nel subbuglio che crea questa notizia l’occhio cade su quel bimbetto che gira per casa ignaro del fatto che non sarà mai più figlio unico e che la sua vita cambierà.
Diventare fratelli o sorelle maggiori è un po’ traumatico, implica rinunciare a una serie di sicurezze accumulate fino a quel momento e trovarsi a condividere i propri genitori con quel mostriciattolo urlante appena nato.
Non è un momento facile e ogni bambino reagisce diversamente. C’è chi regredisce, magari chiedendo di nuovo il succhiotto di cui si era abituato a fare a meno, o ricominciando a bagnare il letto, o rifiutandosi dormire nella propria cameretta per infilarsi nel lettone. C’è chi si arrabbia moltissimo con la mamma, colpevole di alto tradimento, e su di lei sfoga rabbia e frustrazione, spesso in maniera molto provocatoria e irritante, un po’ a dire “ti faccio provare io quello che mi hai fatto tu, adesso!”.
C’è poi chi, con grande preoccupazione e sgomento dei genitori, si accanisce sul nuovo venuto, cercando in tutti i modi di danneggiarlo, così che almeno pianga per qualcosa, magari.
Insomma, è normalissimo avere una reazione anche forte quando nasce un fratellino o una sorellina. Ci si sente smarriti, traditi, messi da parte. E questo non solo è fisiologico, ma è anche una buona cosa, anche se può sembrare strano.
Quando nella propria vita entra qualcuno che la rivoluziona, da piccoli così come da grandi, ci si sente inizialmente spaesati e arrabbiati: perché non poteva rimanere tutto come prima?
Piano piano, però, non solo si impara a voler bene al nuovo venuto, fino a non potersi più immaginare una vita senza, ma si impara anche a stare bene un po’ con sé stessi, a saper rinunciare a piccoli momenti con la certezza che basta attendere per averne di più belli.
È fondamentale però poter parlare chiaro e sincero, poter dire al proprio figlio maggiore “certo che questo fratellino è proprio venuto a romperti le scatole, ma dai gelosone che la mamma ti riempie ancora di coccole!” così come è importante ricavarsi alcuni spazi a tu per tu con il figlio maggiore, per fare cose che lo facciano sentire speciale perché al neonato sono precluse.
Non imponiamo ai figli di amare il nuovo venuto solo perché esiste: diamo loro il tempo di abituarsi all’idea, di capire che nulla è cambiato perché l’amore dei genitori si moltiplica per ogni figlio che nasce e non si suddivide. Rispettiamo il loro sgomento e aiutiamoli a capire che cosa stanno provando.
E, mi raccomando, non cadiamo nel clichè di dire “tu oramai sei grande”: chi ci ha dato il diritto di decidere che nostro figlio da un giorno all’altro ha perso la sua infanzia? Abituiamoci piuttosto a dire “tu ora sei il fratello maggiore”; sembra identico ma implica un’importante riconoscimento: sei solo più grande del nuovo venuto, ma resti comunque il mio piccolino.




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domenica 22 luglio 2012

Ma che carattere avrà il mio bambino?

Ogni bambino che nasce porta in sé già tracce di quello che si rivelerà essere il suo carattere e i genitori poco alla volta imparano a conoscerlo. Quando un bimbo incontra il mondo che lo circonda reagisce ad esso in modo peculiare, a seconda di ciò che lo colpisce di più.
Già nel pancione c’è chi si agita e chi sta tranquillo, chi si tiene una manina sul viso e chi si succhia il dito. Sono tutti tratti di personalità che, lentamente, prendono forma.
Per questo bisogna darsi tempo di conoscere il proprio figlio quando nasce; lo si immagina uguale a sé, con le stesse inclinazioni, oppure ci si augura che sia diametralmente opposto e non erediti quelli che sono percepiti come i propri difetti.
Ma lui sarà unico e speciale, troverete delle somiglianze e delle differenze con voi, ma non sarà mai la copia di nessuno: questo è fondamentale.
A voi spetta il grande compito educativo. Esso non è teso a modificare il carattere o la personalità, ma a insegnare al bambino come vivere nel mondo proprio partendo da quelle caratteristiche. Dovrete insegnare al vostro bambino come la sua libertà si debba intersecare con quella dell’altro, come si ama e si rispetta, come si può stare bene nel mondo non rinunciando a sé stessi.
Mi sento chiedere così spesso se è colpa dei genitori per ciò che diventano i figli… Io credo che non si possa parlare di colpe per nessuno. La genetica fa la sua parte e l’ambiente la propria. Spesso è una congiuntura d’eventi che crea il disagio; alcuni di questi eventi sono prevedibili, altri no.
Certo è un arduo compito crescere un figlio e non si può fare tutto perfettamente, anche perché sarebbe dannoso: un genitore deve poter sbagliare, così da dimostrare al proprio bambino che nessuno è perfetto e che l’importante non è non commettere errori, bensì riconoscerli e cercare di porvi rimedio.


domenica 15 luglio 2012

Io questo bambino non lo volevo

“Io questo bambino non lo volevo” non vuole dire che non lo amerò, che non saprò essere un bravo genitore, che non mi impegnerò con tutte le mie forze per dargli il meglio che mi sia possibile.
Ma non l’ho cercato, non l’ho aspettato, non l’ho desiderato con forza; è arrivato, si è materializzato nel pancione e io ora ci faccio i conti.
Forse è stata una leggerezza, forse è stata una coincidenza, forse in realtà qualcosa dentro di me un po’ lo invocava questo bambino, ma erano troppi i dubbi e le preoccupazioni.
In ogni caso ora c’è, è un piccolo esserino, dipende da me, non credo di essere pronta.
Sai se una donna ha tempo per pensarci, per organizzarsi, beh allora è un po’ più facile; si sente già l’istinto materno. Io invece non sarò in grado, non so ancora cosa voglio dalla vita, sono a stento capace di provvedere a me stessa!
E come sarà la vita di coppia poi? E il lavoro? E se non riuscirò a fare tutto?
Non sarò mai una brava mamma. Le brave mamme sono quelle dei telefilm americani, che vivono in funzione dei loro figli, preparando torte e dolcetti, con un’infinta pazienza; che non sono agitate perché in ufficio è un caos, che non si preoccupano di diventare grasse e non essere più attraenti, che hanno come unico scopo nella vita dedicarsi a quella schiera di marmocchi.
Beh, io non sarò così, non ce la farò mai ad essere così. Forse non sarò capace.
Ma io mio figlio imparerò ad amarlo, giorno per giorno, perché mi renderò conto che sarà un percorso naturale; imparerò a conoscerlo e a trovarlo irresistibile; scoprirò che le rinunce che dovrò fare saranno meno difficili del previsto, perché il suo bene verrà prima del mio.
Non importa se non lo volevo, non importa se ho pianto di disperazione quando ho saputo di essere incinta, non importa se non sarò la mamma perfetta: lui è mio figlio, il mio cuore batte dentro il suo petto. Ora lo so.




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lunedì 9 luglio 2012

E basta con i consigli!

Dal giorno in cui si comunica a parenti e amici che si diventerà genitori si sente piovere intorno a sé una marea di consigli: “mangia per due!”, “non ingrassare!”, “riposati!”, “fai attività fisica!”, “partorisci qui, no lì!”… e quando poi i bambini nascono, e crescono, l’elenco aumenta vertigionsamente: “dagli le botte se sbaglia!”, “imponiti!”, “non prenderlo in braccio lo vizi!”, “non dagli il cioccolato fa male”, eccetera eccetera.
Non se ne può più!!
Le persone che vi circondano vi diranno tutto e il contrario di tutto e cercheranno di persuadervi della validità delle loro ragioni; spesso vi manderanno in confusione e non saprete più a chi dare retta.
È un atteggiamento che spesso infastidisce perché è invadente e poco rispettoso, a volte irritante. Ci si sente addirittura trattati da sciocchi se le raccomandazioni sono fin troppo banali.
In questi casi un bel sorriso e un “grazie, ne farò tesoro” sono il modo migliore per evitare lunghe e prolisse discussioni atte a difendere il vostro punto di vista. Non ne vale la pena.
Non permettete che gli altri decidano per voi, perché ogni scelta potenzialmente può essere sbagliata, l’importante è prendere le decisioni il più serenamente possibile.
Voi insegnate a vostro figlio ciò che ritenete giusto e da lì portate avanti la vostra coerenza; essa vi salverà nei momenti di difficoltà.
Fidatevi di voi stessi, del vostro essere bravi genitori, non fatevi spaventare da tutto ciò che vi dicono o che leggete; informatevi piuttosto in autonomia, valutate i pro e i contro, ma poi scegliete con la vostra testa.
Fare la mamma e il papà è già difficile di per sé, anche quando si è profondamente convinti di ciò che si fa; i consigli non richiesti devono avere lo spazio che meritano, non devono avere tanto potere da mandarvi in crisi.


lunedì 2 luglio 2012

Raccontami una storia

Si, mamma, papà, inventa una storia, una storia tutta per me, su misura per la mia fantasia, una storia in cui io, il tuo bambino, possa riconoscermi nei personaggi e possa fare finta di vivere avventure incredibili standomene nel mio lettino.
La tua storia mi farà provare emozioni speciali, anzi, me le farà scoprire.
Recitala la mia storia, mamma, papà, fammi sentire che anche per te è bello quando me la racconti; siamo solo noi, non devi vergognarti o sentirti in imbarazzo, per me sei meglio di qualsiasi cartone animato!
Le tue storie non devono essere per forza lunghe e complesse, non serve, basta una trama facile facile, così che io la possa capire; ma mi raccomando, deve sempre esserci il lieto fine, è una condizione insindacabile.
Io me ne ricorderò da grande mamma, non dubitarne papà, mi ricorderò quando sgranavo gli occhi per le avventure di quella formichina, o di quel cagnolino, o di quella principessa… mi ricorderò il cuore che ci mettevi per inventare qualcosa che fosse solo nostra, un universo creato su misura per noi.
Io imparerò da quelle storie molto più di quanto tu creda, anche se ti sembreranno banali o scontate; imparerò i valori che inevitabilmente mi passerai dalle tue parole, anche inconsapevolmente, ma soprattutto imparerò che si può essere contemporaneamente nella propria cameretta e nel mondo fantastico dove troverò rifugio quando sarò un po’ triste o in difficoltà.
Raccontami una storia e mi farai felice.