domenica 30 settembre 2012

Il primo giorno di scuola

Che sia il primo giorno di nido, di materna, di elementari, di medie, di superiori, di università, perfino il primo di lavoro del proprio figlio, per una mamma è sempre un momento immensamente emozionante. Quante paure, quanti pensieri, quante gioie si intrecciano!
Poco cambia che il piccolo abbia due, dodici o vent’anni… per la sua mamma è sempre un momento di riflessione.
Ci si chiede come starà lontano da noi, ci si preoccupa che trovi persone che lo capiscano e lo accolgano bene, ci si chiede se sia effettivamente pronto per quel passo… E si aspetta col cuore in gola che torni a casa.
E forse il pensiero torna al passato, indugia sulla nostalgia, e viene un po’ da chiedersi come abbia fatto il tempo a scorrere così veloce. Quando è successo? Quando ha smesso di piangere perché non mi vedeva? Quando ha smesso di aver bisogno della fiaba della buonanotte? Quando ha smesso di rifugiarsi tra le mie braccia per un lieve spavento?
Da quando non sono più tutto il suo mondo?
È difficile abituarsi a un figlio che cresce, perché ci si riabitua anche un po’ a se stesse.
Ogni primo giorno di scuola si riacquistano parti di sé, imparando che il proprio mondo, seppur fortemente intrecciato, è distinto da quello del proprio figlio e questo è un’immensa ricchezza.


giovedì 27 settembre 2012

Spazio 0-12 mesi, mamma-bambino

Care mamme,
da giovedi prossimo, 4 ottobre 2012, presso il centro Primomodo Bergamo, a Bergamo in Viale G.Cesare, cominceremo il percorso di accompagnamento alla neo-maternità.
Con il gruppo che si creerà ci incontreremo una volta alla settimana, sempre di giovedi, dalle 10:30 alle 12:00 e affronteremo insieme i temi che più stanno a cuore alle neomamme: le difficoltà di questa esperienza, il sonno dei piccoli, la coppia dopo il parto, l'allattamento e lo svezzamento, i bisogni del neonato e dei suoi genitori...
Sarà un'esperienza ciclica, aperta a tutte coloro che vogliano confrontarsi e trovare/ricevere sostegno in questa particolare fase di vita, in cui è fondamentale non sentirsi sole.
Vi aspetto!
Per qualsiasi informazione
Centro Primomodo Bergamo tel: 035.077.01.06


lunedì 24 settembre 2012

A cosa rinuncio per un figlio?

Oggi vorrei condividere con voi alcuni pensieri relativi alle rinunce che ci si presentano quando decidiamo di avere un bambino.
Gli atteggiamenti possono essere molto diversi, ma la paura colpisce tutti, mamme e papà: avrò chiuso con la mia vita? Non potrò più fare quello che voglio? E il calcetto del giovedì sera? E la cena con le amiche il sabato?
Insomma, si insinuano dubbi e paure mentre quel pancione cresce, come se una parte di noi cominciasse a salutarci, per sempre.
Le reazioni, quando il bambino nasce, si dimostrano poi le più disparate: c’è chi si annulla per la causa e non si prende neanche più il tempo di andare dal parrucchiere per mesi interi e chi finge che quel fagottino sia un’appendice di sé e non abbia esigenze autonome.
Così in spiaggia si vedono mamme che portano i bambini piccoli sotto il sole di mezzogiorno e quasi se ne dimenticano prendendo il sole, mentre quei piccoli si arrossano, non riescono a tenere gli occhietti aperti, non vogliono mangiare né possono dormire quando ne avrebbero bisogno.
Oppure mamme e papà che per paura di non dedicare sufficienti attenzioni al loro bambino nemmeno conversano più, perché bisogna sempre giocare con il piccolo, né si ritagliano momenti di intimità, perché il piccolo occupa nel lettone lo spazio della coppia.
Forse c’è una via di mezzo.
Quando nasce un bambino le sue esigenze sono primarie, anche perché sono quasi di sopravvivenza, e come tali vanno rispettate con molta cura. Ma una mamma e un papà continuano ad essere un uomo e una donna e non possono né devono annullare se stessi, perché prima o poi i figli crescono, piano piano si allontanano, e vanno lasciati andare non costretti a restare perché senza di loro non si ha più un’identità.
Cerchiamo di ragionare con il buon senso e di trovare dei compromessi che preservino innanzitutto la salute del piccolo e il suo benessere, ma anche la qualità della vita di mamma e papà.

lunedì 17 settembre 2012

Sarai lo stesso la mia mamma?

Triste destino ti è capitato piccolo. Dopo che alla nascita la tua mamma ti ha rifiutato, la nuova moglie di papà è diventata mamma della tua sorellina e per un po’ di tempo ti ha fatto pensare di essere anche tu il suo bambino.
Tu sei piccolo, ma la tua mente la situazione l’aveva già analizzata per bene. Quante volte le hai chiesto “sarai lo stesso la mia mamma se tu e papà vi separerete?”, sai bene cosa si passa a non averla una mamma e non vuoi più provarlo. E ti è stato promesso, giurato e assicurato che papà e la nuova mamma non si sarebbero mai lasciati e che in ogni caso tu sei e rimarrai per lei come la tua sorellina, un figlio.
Chissà cosa senti ora, dopo così tante rassicurazioni che quasi ci hai creduto, quando poi è successo ciò che temevi così intensamente, perché ora papà e quella mamma si sono lasciati. Ma tu ti sei fidato, ti sei affidato a lei, come avresti fatto con la tua mamma-della-pancia.
Ti chiedi perché la tua sorellina quella mamma la vede ancora e tu no? Non c’è più spazio per te? Ti chiedi perché le promesse di un adulto non sono state mantenute? Ti chiedi cosa hai combinato di così grave per aver fatto scappare due mamme?
Caro cucciolo, i grandi a volte fanno promesse che non mantengono. Non perché sono cattivi, ma perché non ce la fanno prorio; ci provano, per un po’ ci riescono, ma a volte crollano.
Così è stato per la tua mamma-della-pancia, lei non ce l’ha fatta a fare la mamma, la fatica era troppo grande. Così è stato per la nuova mamma, ti ha voluto bene, ma ora non riesce più.
Piccolo mio, non è colpa tua, non hai fatto niente per meritartelo e proprio non è giusto che ti sia successo. Non sono scappate da te quelle donne, sono scappate da loro stesse.
Ti manca la mamma, una mamma, è difficile andare avanti senza, lo so.
Stringi forte il tuo papà, chiedigli di passare più tempo con te, interrogalo su questo mondo dei grandi che proprio non ti protegge.
La tua strada è un po’ in salita, ma, ne sono certa, troverai qualcuno che ti aiuterà a percorrerla.



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lunedì 10 settembre 2012

Perchè a mio figlio serve uno psicologo?

“Non è mica matto! Sono cose da bambini! Niente di grave!”
Quante volte sento dire frasi del genere, così spesso dettate dalla paura di poter essere accusati di negligenza, giudicati cattivi genitori, svergognati per le proprie mancanze.
Il ‘dottore dei matti’ è un evergreen, sotto sotto lo pensa anche buona parte di chi ride di cotanta superficialità. Però poi le difficoltà le abbiamo tutti, ogni giorno, anche i più ‘non-matti’; ci confrontiamo con sentimenti di sconforto, preoccupazione, paura, rabbia e a volte non sappiamo gestirli.
E noi siamo adulti, immaginatevi i bambini, che come noi vivono questi sentimenti, ma che non sanno darsene una spiegazione razionale o una motivazione comprensibile. Si sentono smarriti, inchiodati ad una realtà che sfugge loro di mano; si sentono soli.
Perché non dare loro una possibilità di stare meglio?
Se tuo figlio, o tua figlia, ti preoccupa perché è ingestibile, ha difficoltà a dormire o a mangiare, ha ricominciato a fare pipì a letto o non ha mai smesso, trattiene la cacca e si sporca, ha paure che sono diventate difficili da affrontare, ha problemi scolastici, sta attraversando un momento particolare di crescita, è preoccupato o triste, ti sembra sofferente, è aggressivo, è vittima di bullismo, ha dolori fisici ma gli esami clinici sono tutti negativi, ti sembra diverso dagli altri, non rispetta le regole, è sempre distratto… non sottovalutare il suo disagio. Parlane con un esperto.
La psicologia aiuta le persone a stare meglio conoscendosi nel profondo, non fa magie e non risolve i problemi con arcani rituali; la psicologia è come una stampella per camminare quando abbiamo una gamba rotta, come gli occhiali correttivi quando siamo miopi, come un cappellino con visiera quando il sole è troppo forte.
E lo psicologo è proprio colui che non giudica, ma cerca di comprendere. È il suo mestiere.
Se hai anche solo il dubbio che qualcosa non vada, vai a fare una chiaccherata con uno psicologo, senza alcun impegno. Poi potrai valutare con più consapevolezza la situazione, potrai con più lucidità capire il disagio di tuo figlio, potrai decidere di farlo stare meglio.

domenica 2 settembre 2012

Le aspettative degli adulti

Il piccolo sta crescendo, diventa sempre più grande e il suo carattere si fa sentire. Non esita a dire ciò che ama e ciò che non sopporta, afferma le sue ragioni, fa dei programmi. Spesso vi contraddice, replica alle vostre ingiunzioni, mette in discussione regole che fino a quel momento erano date per scontate.
E voi vi scontrate con lui, vi chiedete cosa stia succedendo, cosa sia cambiato da quando vi sembrava che il pensiero del piccolo fosse esattamente in linea con il vostro.
Fermatevi un attimo a pensare e vi renderete conto che il vostro bambino sta cominciando ad affermare se stesso. Sì, perché non è detto che condivida in toto i vostri modelli di vita, può volerne sperimentare altri.
Allora sta a voi fare una riflessione importante: quanto di ciò che gli proponete ogni giorno cerca di assolvere alle vostre aspettative senza tener conto delle sue reali inclinazioni? Ad esempio, mandate vostro figlio a nuoto, così che diventi forte e armonioso, a calcio, così che possa giocare a qualcosa che lo diverte, a chitarra, perché saper suonare uno strumento è bello, a ripetizioni, perché a scuola bisogna essere perfetti.
Avete riflettuto su quanto carico da gestire tutto questo comporta? E vi stupite se finge i mal di pancia per non andare a nuoto o la sera fa i capricci per finire i compiti scolastici?
Lo state facendo proprio solo per lui o state un po’ cercando di costruire il figlio perfetto?
Ascoltatelo, non date per scontato di sapere sempre quale sia il suo bene, cercate di sentire nel profondo se tutte le vostre idee su quello che un bambino dovrebbe fare o essere si adattano a vostro figlio. Non sovraccaricatelo, anche se lo fate con le migliori intenzioni, anche se lo fate per potergli dare più possibilità in futuro. Perché non è solo la quantità delle esperienze che conta ma soprattutto la qualità: un’esperienza angosciante non gioverà nel futuro, non lascerà nessuna voglia di ripeterla, si porterà solo lo strascico di una forzatura.



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